


In una società opulenta come la nostra il cibo non rappresenta più la fonte di sostentamento, perlomeno non è più il suo aspetto principale, ma è diventato piuttosto uno strumento sociale e culturale. Per chi ama mangiare e cucinare è fondamentale conoscere i popoli e le civiltà che hanno sviluppato determinati piatti, cercare di capire i motivi ambientali e fisiologici che portano a cucinare i cibi in una maniera anziché in un'altra, quindi i risvolti culturali di quel piatto o di quell’ingrediente; solo così si può tentare di contaminare tra loro piatti e culture diverse.
La sociologa Deborah Lupton così chiude la questione: “Se uno non sa che cosa sta mangiando, anche la sua soggettività è messa in dubbio. Incorporare il cibo non costituisce una sfida solo per la salute, ma lo è anche per il posto dell’individuo nella cultura”.
Melanzane all’Alessandrina
“Questa ricetta – non a caso Alessandrina – viene tuttavia attribuita ad Apicio, cuoco e gourmet nevrotico, di cui si insinua avesse un rapporto per niente chiaro con Druso, fratello di Tiberio.
Si tratta comunque di un intruglio mediterraneo fatto con la sua materia prima fondamentale, ma non intende avvalersi delle melanzane per dimostrare che la mediterranetà è faccenda poco chiara, al di là di quanto sostengono De Chirico, D’Ors e Joan Manuel Serrat. Nell’inventario delle mediterranetà, figurano per diritto estetico proprio il pino, l’alloro, il limone e l’ulivo, senza che si sappia quale distrazione creativa fece sì che Geova, in fin dei conti mediterraneo, collocasse un oggetto brutto ed ambiguo come la melanzana tra la flora e la fauna del Mare Nostrum. Perché, tanto per cominciare, la melanzana è carne o verdura? Domanda sbagliata per iniziare una cena, meglio schivarla. Eppure durante una cena di omosessuali maschi, alla quale questo piatto calza a pennello, non sarebbe disdicevole un pizzico di erudizione e, a un certo punto, mentre si descrive l’aspetto fallico-demoniaco della melanzana nera, si può ricordare l’ambiguo rapporto tra Apicio e Druso, all’ombra di quel pazzo furioso che si chiamò Tiberio. Piatto per l’estate e per il mare. Il Mediterraneo, perché no? Conviene che i commensali siano piuttosto abbronzati.”
Da Ricette immorali di Manuel Vàzquez Montalbàn:
Montalbàn è prodigioso nel rendere letteratura una ricetta, ma come non è possibile vivere la vita di Sandokan, non è possibile mangiare le ricette di Pepe Carvalho. Sia nel primo che nel secondo caso però possono essere una fondamentale fonte di ispirazione. Quindi, miei tigrotti, ecco le Melanzane all’Alessandrina da me rielaborate:
Ingredienti:
Melanzane
Un pizzico di coriandoli in grani
Menta fresca (io l’usata secca)
Aceto bianco
Uva sultanina
Pinoli
Uno spicchio d’aglio
Un cucchiaio di miele
Acciughe sott’olio
Olio d’oliva
Yogurt greco
Pan grattato
Sale e pepe
Sbollentare le melanzane tagliate a tocchetti (io ho aggiunto anche poche zucchine) in acqua ed aceto (½ – ½) poi scolare ed asciugare bene.
In una ciotola unire il coriandolo, la menta, i pinoli, l’aglio e le acciughe; pestate il tutto con un pestello poi unite un po’ d’olio, il miele, l’aceto e l’uva sultanina mescolando bene. Con questo preparato condite le melanzane ancora tiepide; a parte mescolate lo yogurt con aceto, sale, pepe e olio senza sbatterlo troppo.
Sul fondo del piatto di portata disponete lo yogurt condito poi versate sopra le melanzane condite ed in fine guarnite con il pan grattato e qualche fogliolina di menta tenuta da parte. Montalbàn sostiene vada servito tiepido, ma personalmente lo preferisco freddo, meglio se ha riposato alcune ore in frigo.